Lendometriosi è una condizione patologica difficile da diagnosticare e che ha incidenza anche sulla
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A cura di
Dott.ssa Valentina Cuomo
L’endometriosi è una patologia dell’apparato genitale femminile. Essa è causata dalla presenza di endometrio, tessuto che riveste normalmente la cavità uterina, al di fuori dell’utero (endometrio ectopico o tessuto endometriale ectopico).
Durante il ciclo mestruale, l’attività svolta dagli estrogeni comporta le stesse modificazioni sia sull’endometrio uterino che sull’endometrio ectopico. Questo si sfalda, provocando lesioni e conseguenti sanguinamenti più o meno corposi. Da ciò scaturiscono i sintomi tipici dell’endometriosi, che vedremo nel dettaglio tra poco.
L’endometriosi è una patologia che interessa prevalentemente donne di età compresa tra i 25 e i 35 anni. Non è raro però riscontrare questo tipo di problema anche in ragazze di età inferiore. Secondo le ultime stime, in Italia l’endometriosi colpisce circa il 10-15% della popolazione femminile in età riproduttiva per un totale di 3 milioni di donne.
È possibile fare una distinzione tra endometriosi interna ed endometriosi esterna. Nel primo caso, il tessuto endometriale ectopico è situato nello spessore del miometrio (il tessuto che riveste l’utero e precede l’endometrio). In caso di endometriosi esterna, invece, l’endometrio ectopico può essere localizzato a livello della pelvi (quindi su ovaie, vescica, tube di Falloppio, vagina) o al di fuori delle pelvi (addome, appendice, intestino tenue, reni, polmoni). L’endometriosi esterna rappresenta la condizione patologica più frequente, con le ovaie che costituiscono la zona maggiormente interessata.
È complicato stabilire con precisione quali siano le cause dell’endometriosi. Ci sono però alcune condizioni che accrescono la possibilità di riscontrare tale patologia. Il ciclo mestruale rappresenta, ad esempio, un fattore rilevante. Il rischio di endometriosi è più alto in caso di:
Oltre a questi aspetti, grande attenzione deve essere prestata da chi ha nella propria famiglia casi di endometriosi. In questo caso, il rischio di riscontrare la patologia è più alto. Così come è maggiore in caso di alti livelli di estrogeni nel corpo o presenza di anomalie dell’utero.
Non esiste una sintomatologia univoca in chi soffre di endometriosi. In alcune donne, infatti, tale patologia è del tutto asintomatica. Ciò è testimoniato dal fatto che, non di rado, la scoperta dell’endometriosi avviene casualmente ed in seguito ad esami svolti per indagini riguardanti altri problemi. In altri casi, però, l’endometriosi costituisce una vera e propria patologia invalidante.
In molte donne, infatti, l’endometriosi comporta dolori tali da costituire un vero e proprio ostacolo allo svolgimento delle più normali attività quotidiane. È per tale motivo che l’endometriosi è inserita nell’elenco delle patologie croniche invalidanti, negli stadi clinici più avanzati. A chi è riscontrata tale gravità della patologia, è riconosciuto il diritto ad usufruire di esenzione per le prestazioni sanitarie necessarie.
Questi alcuni dei sintomi più frequenti in chi soffre di endometriosi:
Tali sintomi non sono specifici esclusivamente dell’endometriosi. Proprio questo carattere aspecifico della sintomatologia, costituisce spesso un ostacolo ad una diagnosi precoce della patologia.
Nonostante oggi l’endometriosi rappresenti un argomento di grande interesse, sociale e scientifico, non è sempre facile effettuare una diagnosi rapida e precisa. Ciò è dovuto in primis, come già detto, a due fattori: il carattere asintomatico in alcuni soggetti e sintomi non specifici che possono essere associati anche ad altri problemi (ad esempio la sindrome dell’intestino irritabile o le cisti ovariche). Da ciò ne scaturisce un processo diagnostico che può protrarsi anche a lungo nel tempo. Ma quali sono gli strumenti per diagnosticare l’endometriosi?
Il primo passo da compiere è rivolgersi ad uno specialista in grado di effettuare un’anamnesi precisa, raccogliendo tutti i sintomi avvertiti dalla paziente. Una visita ginecologica può rappresentare il passo successivo, accompagnato anche ad esami di diagnostica per immagini.
Per la diagnosi dell’endometriosi, infatti, può risultare utile effettuare un’ecografica transvaginale o transrettale (se ritenuta opportuna). Questo esame permette al medico, tramite l’introduzione di una sonda ad ultrasuoni all’interno della vagina, di valutare da vicino lo stato di salute degli organi pelvici.
Quando questi esami non sono sufficienti, si può far ricorso alla laparoscopia. Questa tecnica, mini-invasiva, viene tenuta come ultima istanza. Grazie ad una piccola incisione sull’addome, viene inserito uno strumento in grado di rilevare la presenza di tessuto endometriale al di fuori dell’utero.
Il sangue fuoriuscito dalle lesioni provocate dall’endometrio ectopico, non avendo modo di fuoriuscire dal corpo (a differenza di quanto accade con il sangue mestruale) tende ad accumularsi nella zona pelvica. Una delle prime conseguenze è rappresentata dalla formazione delle cisti endometriosiche. Si tratta di cavità ripiene di sangue stagnato, con un diametro che può variare tra i 2 e i 5 centimetri.
La localizzazione di tali cisti va ad incidere sui sintomi avvertiti. Cisti formatesi sull’intestino portano, ad esempio, a dolori durante la defecazione. Dolori avvertiti durante la minzione possono essere invece riconducibili a cisti formatesi sulla vescica. Più spesso, comunque, le cisti endometriosiche tendono a localizzarsi sulle ovaie.
La formazione di queste cisti non rappresenta però l’unica possibile conseguenza causata dall’endometriosi. Un altro possibile problema è costituito dalla formazione di aderenze che vanno ad unire tessuti o parti di organi normalmente separati. Queste aderenze sono la conseguenza della perdita di sangue causata dalle lesioni dell’endometrio ectopico. Tale complicazione, come vedremo in seguito, può avere ripercussioni anche sulla fertilità.
La buona notizia è che in rari casi l’endometriosi porta ad una degenerazione maligna. Secondo alcuni studi, il rischio è abbastanza basso e si attesta tra il 3% e l’8% delle pazienti. I casi di degenerazione maligna si riscontrano soprattutto quando l’endometriosi interessa le ovaie.
Per stabilire in che modo intervenire per il trattamento dell’endometriosi, è necessario tenere in considerazione tre elementi: l’età della paziente, l’intensità dei sintomi e il desiderio di maternità.
L’età rappresenta il primo fattore da valutare, per un motivo ben preciso. Nel caso in cui la paziente sia prossima alla menopausa, la strada praticabile è quella dell’attesa. Con la menopausa, infatti, l’endometriosi tende a regredire autonomamente e, con essa, i sintomi correlati. Questa regressione è spiegata dalla progressiva riduzione dell’attività svolta dagli estrogeni sull’endometrio ectopico.
In caso di paziente giovane, invece, la valutazione si sposta sugli altri due elementi: intensità dei sintomi e desiderio di gravidanza. In questo caso, le soluzioni praticabili sono rappresentate dalla terapia farmacologica o dal ricorso alla chirurgia.
Un trattamento farmacologico dell’endometriosi si può alternare su due piani terapeutici alternativi o complementari: antidolorifico e ormonale.
La terapia antidolorifica consta nella somministrazione di farmaci volti ad alleviare i sintomi causati dalla patologia. La terapia ormonale si basa invece, solitamente, sull’assunzione da parte della paziente di farmaci ad azione anti-estrogenica: i progestinici. Questi ormoni vanno ad agire sugli estrogeni, provocandone una progressiva atrofizzazione. In tal modo, gli estrogeni non causano più lo sfaldamento dell’endometrio ectopico e i conseguenti sintomi sopra descritti.
La terapia farmacologica, però, può non rappresentare una soluzione efficiente per la cura dell’endometriosi. In molti casi, infatti, l’interruzione dell’assunzione dei farmaci coincide con la ricomparsa del problema e dei dolori ad esso associati. In questi casi, allora, si rende necessario il ricorso alla chirurgia.
La laparoscopia costituisce una soluzione chirurgica conservativa per trattare l’endometriosi. Si tratta di una tecnica mini-invasiva, grazie al quale viene rimosso l’endometrio ectopico e rimosse le aderenze pelviche causate dalle lesioni. L’intervento è effettuato tramite un piccolo telescopio (il laparoscopio) introdotto nell’addome. La laparoscopia permette di preservare l’apparato riproduttivo della paziente, senza andare ad intaccare le probabilità di maternità.
Questa tecnica si sta progressivamente affermando come la più utilizzata per il trattamento dell’endometriosi. Ciò è motivato dal fatto che, non essendo particolarmente invasiva, permette un recupero rapido dall’intervento e non incide in maniera marcata sull’estetica della paziente.
Nei casi in cui si abbia a che fare con un’endometriosi di grave entità e la paziente non abbia intenzione di future gravidanze, è possibile procedere anche ad un intervento chirurgico demolitivo. In questo caso, si procede alla rimozione completa dell’utero e delle ovaie.
Chiariamo subito un aspetto: endometriosi non è sinonimo di infertilità. Detto questo, è bene analizzare alcuni aspetti e dati che mettono in correlazione questa patologia con la difficoltà di concepimento.
L’endometriosi è rilevata nel 30% delle donne a cui è diagnosticata l’infertilità. Questo testimonia il fatto che tale patologia contribuisce ad intaccare l’efficienza del sistema riproduttivo femminile. L’endometrio ectopico, infatti, può alterare i rapporti anatomici tra ovaio e tube di Falloppio o danneggiare l’ovaio.
La fertilità è dunque ridotta, ma non assente, nelle donne che soffrono di endometriosi. Ciò però non deve portare allo scoramento, in quanto una gravidanza non è impossibile. Per chi fa fatica a concepire, il ricorso alla procreazione assistita può rappresentare una soluzione tutt’altro che remota per diventare madre. L’importante è affidarsi a professionisti specializzati, in grado di accompagnare la paziente lungo tutto il percorso.
Saper individuare quali prodotti inserire nella propria dieta e quali eliminare può rappresentare un valido supporto nel contrastare l’endometriosi. Ecco allora alcuni consigli sugli alimenti da consumare per chi soffre di questa patologia, quelli da evitare e i nutrienti da integrare.
Fibre
Le fibre contrastano l’infiammazione addominale e contribuiscono a ridurre gli estrogeni nel sangue. Sì quindi al consumo di: frutta, verdura, legumi, cereali integrali e frutta secca.
Omega3
Anche gli acidi grassi Omega3 riducono il livello di infiammazione addominale causato dall’endometriosi. Per questo motivo è bene consumare: pesce azzurro, salmone, sardine, semi di lino, semi di zucca, semi di chia, olio di oliva.
L’imperativo è di eliminare gli alimenti ricchi di estrogeni. Il consiglio è quindi di evitare il consumo di prodotti come: alimenti industriali, alcol, alimenti ricchi di grassi saturi, farine bianche, caffeina, avena, segale, prodotti contenenti soia. Da limitare anche il consumo di carni rosse, a cui preferire quelle bianche.
Esistono poi nutrienti difficili da assumere in grande quantità con la sola alimentazione. È il caso di minerali come il calcio, il magnesio e la vitamina D. Per tale ragione è bene far ricorso ad integratori che possano apportare la giusta quantità all’organismo, evitando così una demineralizzazione ossea provocata da alcune terapie mediche praticate per contrastare l’endometriosi.