Scopriamo le tre diverse tipologie di ernia iatale e quali sono i fattori che possono incidere sulla comparsa di questa
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A cura di
Dott.ssa Valentina Cuomo
L’ernia iatale è un disturbo che interessa gran parte della popolazione italiana. Si stima, infatti, che ne soffra circa il 15% del totale. Una percentuale che sale di molto se si considerano gli over 50, fino ad arrivare ad interessare la quasi totalità di coloro i quali sono sopra gli 80 anni.
Talvolta questa patologia non presenta alcun sintomo, in questi casi non è necessario intervenire con trattamenti e terapie. Quando però si manifesta attraverso alcuni dei sintomi che vedremo a breve, è necessario intervenire rapidamente per evitare conseguenze anche gravi. Il protrarsi di reflusso gastroesofageo, uno dei sintomi tipici, può infatti accrescere il rischio di sviluppare un tumore dell’esofago.
L’ernia iatale è la protrusione dello stomaco, che va dall’addome al torace attraverso un foro detto iato diaframmatico esofageo. Per comprendere meglio che cos’è l’ernia iatale, facciamo un focus sulla conformazione anatomica della zona interessata.
Addome e torace sono separati dal diaframma. Il diaframma è un muscolo largo e piatto, a forma di cupola. Con un meccanismo di contrazione e rilassamento, questo muscolo partecipa in maniera attiva alla respirazione. Al di sotto del diaframma è collocato l’apparato digerente. Al di sopra, invece, troviamo polmoni e cuore.
Per consentire il passaggio dell’esofago, ma anche di nervi, vene e arterie, il diaframma presenta dei fori. Il foro attraverso il quale passa l’esofago si chiama iato. Quando una parte dello stomaco passa dall’addome al torace attraverso lo iato, si parla di ernia iatale. Questa può essere di tre tipologie: da scivolamento, da rotazione e mista.
L’ernia iatale da scivolamento è la tipologia di ernia più comune. Come suggerisce il nome, è provocata dallo scivolamento della primissima porzione di stomaco che si congiunge all’esofago all’interno del torace.
Questa porzione di stomaco, detta anche cardias, svolge una funzione importantissima: impedire la risalita del contenuto gastrico dallo stomaco all’esofago. In presenza di ernia iatale, questa funzione viene compromessa e gli acidi possono risalire verso l’alto. Questo dà origine ai tipici sintomi del reflusso gastroesofageo, su tutti bruciore e acidità.
L’ernia iatale da rotazione è una tipologia molto più rara ma anche molto più pericolosa. A passare attraverso lo iato è la porzione di stomaco più alta, detta fondo. In questi casi il cardias continua a svolgere le proprie funzioni. Tuttavia, si può verificare uno strozzamento tale da impedire l’afflusso di sangue alla porzione di stomaco che è risalita attraverso lo iato esofageo.
Le conseguenze dell’ernia iatale da rotazione possono essere molto serie. Nei casi più gravi, le dimensioni eccessive della porzione di stomaco possono addirittura arrivare ad ostacolare la respirazione.
L’ernia mista è caratterizzata dalla coesistenza di ernia da scivolamento ed ernia da rotazione.
L’ernia iatale è causata da un allentamento delle pareti dello iato esofageo. Quando queste pareti non sono ben aderenti all’esofago, si arriva alla formazione dell’ernia. Lo iato può essere congenitamente lento. Tuttavia, nella maggior parte dei casi la lassità è correlata all’avanzare dell’età e al deterioramento che ne consegue.
La formazione dell’ernia è inoltre favorita dall’aumento della pressione addominale. Non a caso, essa è più ricorrente in alcuni individui tra cui:
Il fumo, anche se non causa diretta, è considerato un fattore predisponente all’ernia iatale.
Ma quali sono i sintomi dell’ernia iatale e come è possibile riconoscere questo disturbo? Un’ernia iatale causa sintomi che sono differenti a seconda del tipo di ernia di cui si soffre.
In presenza di ernia iatale da scivolamento, si ha a che fare con i sintomi tipi del reflusso gastroesofageo:
In caso di ernia iatale da rotazione i sintomi sono solitamente molto più sfumati, in quanto il cardias non è compromesso. Proprio per via del suo carattere quasi completamente asintomatico, però, il rischio è quello di rilevare il problema quando è già in uno stadio avanzato. Tra i segnali di allarme ci sono infatti difficoltà respiratorie, tachicardia ed emorragie.
La diagnosi dell’ernia iatale viene eseguita in base ad indagini predisposte in seguito all’ascolto dei sintomi riferiti dal paziente. Le indagini più comuni sono la TAC e la gastroscopia. Con la TAC si valutano la posizione dello stomaco e il rapporto con gli altri organi. La gastroscopia, effettuata mediante l’inserimento di una sonda dalla bocca, permette di individuare la presenza dell’ernia e valutare lo stato della mucosa dell’esofago.
Come si cura l’ernia iatale? Come detto in apertura, l’ernia iatale richiede un intervento quando si manifestano i sintomi tipici che caratterizzano il problema. In questi casi è necessario apportare accorgimenti al proprio stile di vita e, dietro parere medico, intervenire con una terapia farmacologica o a base di integratori specifici. Solo nei casi più gravi, è necessario ricorrere alla chirurgia.
Le prime modifiche da apportare riguardano l’alimentazione. Per farlo, è sufficiente seguire alcune semplici regole:
Oltre all’alimentazione, ci sono anche alcune buone abitudini da seguire per contribuire a prevenire o ridurre i disturbi causati dall’ernia iatale. Tra questi:
Quando dieta e corrette abitudini non bastano, si può ricorrere ad integratori o farmaci. Gli Integratori sono generalmente formulati con piante come camomilla, melissa, zenzero, curcuma, aloe, finocchio. Queste hanno tutte un'azione protettiva e quindi lenitiva della mucosa gastro-esofagea. Si può optare per infusi, tisane, tavolette o gel da sciogliere in bocca.
Quando il medico ritiene possa essere necessario, si può far ricorso a farmaci che inibiscono la produzione di acido. Tra questi ci sono gli inibitori della pompa protonica oppure farmaci-anti acido che formano una barriera protettiva sulla mucosa di esofago e stomaco.
Nel caso in cui i sintomi siano molto importanti e non controllabili, lo specialista potrebbe suggerire il ricorso all’intervento chirurgico. Questo, solitamente, viene eseguito in laparoscopia.