La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune che colpisce soprattutto le donne: scopriamo le cause e in che modo è possibile evitare conseguenze
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A cura di
Dott.ssa Valentina Cuomo
La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune che causa ipotiroidismo (un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei da parte della tiroide). In presenza di questa patologia, un’anomalia porta il sistema immunitario ad attaccare e distruggere la ghiandola tiroidea. I linfociti (globuli bianchi) attaccano per errore la tiroide, demolendone la struttura e la funzionalità tiroidea.
Questa patologia è molto più diffusa di quanto si possa pensare e colpisce in Italia circa 6 milioni di persone. Ad essere prevalentemente interessate sono le donne, con un’incidenza addirittura del 90%.
Il motivo specifico per il quale il sistema immunitario inizia a produrre anticorpi contro la tiroide non è ancora chiaro. Sono però molteplici le situazioni a cui la patologia può essere collegata, in primis la familiarità. La tiroidite di Hashimoto si riscontra non di rado, infatti, in soggetti che hanno familiari affetti dalla stessa malattia o da altre patologie riguardanti la tiroide.
Questo tipo di problema è ricorrente anche in persone che soffrono di altre patologie di natura autoimmune. Così come è evidenziato un rapporto inverso, ovvero che i soggetti affetti da tiroidite di Hashimoto hanno un maggiore rischio di sviluppare patologie autoimmuni. Tra queste:
Tra i fattori scatenanti la malattia c’è anche la carenza di iodio, un elemento fondamentale dell’ormone tiroideo. Lo iodio è essenziale per il corretto funzionamento di questi ormoni, che regolano numerose funzioni vitali per il nostro organismo tra cui il metabolismo basale, lo sviluppo del sistema nervoso centrale, il mantenimento della giusta temperatura corporea e tante altre.
Anche in questo caso, però, è vero anche il contrario. E quindi anche un eccessivo apporto di iodio può essere alla base della tiroidite di Hashimoto. La fonte primaria di assunzione da origine alimentare è data dal pesce e dalle alghe, che ne contengono in consistente quantità.
Ma qual è quindi il corretto apporto giornaliero di iodio? La dose raccomandata è di 150 microgrammi per un adulto. Quantità che varia, fino ad arrivare ai 250-290 microgrammi, quando si parla di donne in gravidanza o allattamento.
Sono state individuate altre cause alla base di questa patologia. Tra queste, una è di origine ambientale ed è legata alla possibile presenza di pesticidi inalati per periodi prolungati. A questo si aggiunge la possibilità che la malattia si sviluppi in seguito ad infezioni virali o all’assunzione di farmaci per curare tali infezioni.
Nelle fasi iniziali, la tiroidite di Hashimoto può essere del tutto asintomatica. Man mano che avanza lo stadio dell’infiammazione, però, la tiroide inizia ad ingrossarsi. Ciò provoca una sensazione di pesantezza nel collo, fino a che la ghiandola diventa visibile esternamente. L’ingrossamento può comportare un abbassamento della voce e difficoltà di deglutizione.
Contemporaneamente all’ingrossamento, si ha un’alterazione della struttura della ghiandola che ne compromette la funzionalità. Anche se l’ipofisi aumenta la produzione di TSH per stimolare la produzione di T3 (triodotirosina) e T4 (tiroxina o tetraiodotirosina), quindi, questi ormoni saranno comunque insufficienti. In caso di mancata terapia, dunque, si può arrivare alla comparsa di tutti i sintomi tipici presenti in caso di ipotiroidismo:
La diagnosi della tiroidite di Hashimoto viene effettuata dall’endocrinologo. Questi, innanzitutto, prende nota dei sintomi avvertiti dal paziente e della sua storia clinica. Successivamente si passa all’esame obiettivo, per valutare l’eventuale ingrossamento della tiroide.
Per un esame approfondito, il medico può prescrivere delle analisi del sangue che comprendano ricerca e dosaggio degli ormoni tiroidei e degli anticorpi anti-tiroidei. Volendo semplificare moltissimo l’interpretazione dei risultati di queste analisi, solo a scopo conoscitivo, il quadro presenterà:
Oltre agli esami del sangue, il medico può ricorrere all’ecografia o alla TAC per studiare l’alterazione della struttura della tiroide. Tutte le informazioni contenute in questo sito, ovviamente, non devono in alcun modo sostituire il parere dello specialista.
La terapia della tiroidite di Hashimoto consiste, nel caso in cui sia sintomatica, nella somministrazione di ormoni tiroidei di sintesi. Grazie ad essi, si ha un riallineamento del livello plasmatico di ormoni tiroidei. Gli ormoni tiroidei sintetici possono essere somministrati anche in gravidanza e non danno alcun problema al bambino, permettendo di portare a termine la gestazione senza conseguenze.
È di fondamentale importanza, in caso di terapia farmacologica, essere scrupolosi e costanti nel seguire il piano terapeutico prescritto.
Quando invece la malattia è in uno stato sub-clinico, in cui ancora non ha manifestato sintomi, si preferisce semplicemente monitorare la situazione con le varie analisi a disposizione.
Nella terapia della tiroidite di Hashimoto è molto importante non solo seguire la terapia farmacologica e monitorare la situazione, ma anche seguire una corretta alimentazione.
Innanzitutto è necessario non assumere iodio in eccesso, quindi devono essere evitati quei cibi che ne contengono in buona quantità come il pesce e le alghe (compresi gli integratori che le contengono). Per massima cautela si può anche evitare di impiegare cosmetici a base di alghe o contenenti iodio, anche se in teoria non si dovrebbe avere assorbimento nel circolo sanguigno.
Da limitare sono anche alcuni alimenti detti gozzigeni, perché alterano il metabolismo dello iodio. Tra questi:
Attenzione anche agli additivi alimentari come ad esempio i nitrati, presenti in preparazioni a base di carne o nei salumi.
Data la natura infiammatoria di questa patologia, si può anche optare per una dieta ad azione antinfiammatoria. È quindi importante ridurre il consumo di quei cibi ricchi di istamina o che ne determinano il rilascio, come:
Da preferire invece cibi come sgombro, alici, sardine, tonno e salmone, che sono ottime fonti di Omega 3, ad azione antinfiammatoria.
La tiroidite di Hashimoto può essere una minaccia per le donne in gravidanza. Le future mamme affette da tale patologia, presentano un rischio maggiore di mettere al mondo un nascituro che presenterà problemi intellettivi, renali ed epatici.
Per fortuna, però, questi rischi possono essere prevenuti grazie ad una mirata terapia ormonale sostitutiva. Pertanto, la tiroidite di Hashimoto non può e non deve rappresentare un deterrente alla gravidanza. È sufficiente, in chi ha in programma di diventare mamma, effettuare test specifici per valutare il livello degli ormoni tiroidei per stabilire la compatibilità con una gestazione. In caso avverso, come detto, procedere all’inizio della terapia.