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Pressione bassa in gravidanza: cosa fare?

La pressione bassa in gravidanza è fisiologica: quando però i livelli scendono sotto la soglia di allerta, come si può intervenire per prevenire rischi gravi?

Le variazioni di pressione arteriosa sono un fenomeno frequente durante la gravidanza, sin dalle primissime settimane. I meccanismi alla base sono del tutto fisiologici e, nella maggior parte dei casi, sono da ritenersi del tutto normali. In altri, invece, può diventare necessario indagare ed intervenire.

In particolare, è possibile assistere ad una diminuzione della pressione arteriosa di entità tale da causare svenimenti. Eventuali cadute, ovviamente, rappresentano un pericolo sia per la mamma che per il feto.

Valori pressione in gravidanza: quanto deve essere

Durante la gravidanza, i valori pressori desiderabili restano quelli di sempre. Vengono quindi ritenuti valori pressori normali quelli compresi:

  • tra 60 mmHg e 80 mmHg per la minima (diastolica);
  • tra 90 mmHg e 120 mmHg per la massima (sistolica).

Valori inferiori a 60 mmHg per la minima e a 90 mmHg per la massima, sono invece considerati troppo bassi. In particolare, si può distinguere tra:

Livelli pressione

Ipotensione lieve

Ipotensione intermedia

Ipotensione severa

Diastolica

tra 60 mmHg e 90 mmHg

tra 40 mmHg e 60 mmHg

Inferiore a 50 mmHg

Sistolica

tra 40 mmHg e 60 mmHg

tra 33 mmHg e 50 mmHg

Inferiore a 33 mmHg

 

Durante la gravidanza, una lieve ipotensione è da considerarsi fisiologica. In questa fase, i livelli di pressione diastolica e sistolica possono ridursi di circa 10 mmHg e non provocare alcun sintomo. Non sono invece considerati normali, valori di ipotensione intermedia o addirittura grave. Questi, infatti, sono indice della presenza di un problema nell’organismo e non di una condizione fisiologica.

Cali di pressione in gravidanza: quali sono le cause?

Le cause dell’abbassamento della pressione in gravidanza, sono in parte fisiologiche e riconducibili alle variazioni ormonali tipiche di questo periodo. Si tratta di condizioni a cui l’organismo ha il tempo di adattarsi, senza particolari problemi. Nello specifico:

  • produzione di progesterone da parte della placenta, che favorisce il rilassamento dei vasi sanguigni per migliorare l’afflusso di sangue al feto;
  • aumento del volume ematico, cioè della quantità di sangue in circolo, con conseguente aumento del lavoro del cuore.

A questi, però, possono aggiungersi altri fattori che contribuiscono a diminuzioni repentine della pressione. Tra i fattori principali, ricordiamo:

  • assunzione insufficiente di acqua, con conseguente disidratazione;
  • ipoglicemia;
  • anemia;
  • rapidi cambiamenti della posizione, in particolare da sdraiata a in piedi;
  • caldo;
  • presenza di malattie o infezioni.

Pressione bassa in gravidanza: le fasi più a rischio

Le prime 24 settimane di gravidanza (dunque il primo trimestre e il secondo trimestre) rappresentano il momento di maggiore criticità. È in questa fase che il rischio di cali di pressione è più elevato. A partire dal terzo trimestre, invece, si assiste ad una stabilizzazione dei livelli pressori. In alcuni casi, anzi, la pressione tende ad essere anche più alta rispetto ai valori desiderabili.

Da questo punto di vista, è di fondamentale importanza che i livelli di pressione non si alzino in maniera eccessiva. La pressione alta in gravidanza, infatti, rappresenta una seria minaccia per la salute di mamma e bambino.

Pressione bassa in gravidanza: sintomi

I sintomi della pressione bassa in gravidanza non differiscono da quelli percepiti da chi, di norma, soffre di ipotensione. Questi vanno da manifestazioni più lievi, anche se costanti e quindi molto fastidiose, ad altre più gravi quando il valore della pressione cala all’improvviso e troppo rapidamente. I sintomi più comuni della pressione bassa sono:

  • debolezza e stanchezza;
  • nausea;
  • confusione mentale;
  • vista annebbiata;
  • capogiri e vertigini;
  • svenimenti.

Pressione bassa in gravidanza: quando preoccuparsi

La pressione bassa, se lieve, non costituisce un pericolo né per la gestante né per il bimbo nel grembo. Anzi, come abbiamo visto, è un meccanismo fisiologico che consente il corretto afflusso di sangue e nutrienti. Se però i valori scendono troppo, passando ad un’ipotensione intermedia o grave oppure la condizione determina confusione mentale o svenimenti, è importante intervenire in maniera rapida.

Pressione bassa in gravidanza: rischi per il feto

I rischi principali per il feto sono legati alle cadute associate allo svenimento. Queste, infatti, possono provocare danni anche gravi al bambino (oltre che alla madre). Una pressione troppo bassa, inoltre, non garantisce un’adeguata ossigenazione al bambino. Da qui il rischio, nei casi più gravi, di ipossia e parto prematuro.

Pressione bassa in gravidanza: cosa fare

La gestione della pressione in gravidanza dipende molto dall’entità del problema e dalla situazione di partenza, prima della gravidanza. Se la gestante è già di per sé un soggetto che presenta ipotensione, è importante adottare subito gli opportuni accorgimenti per evitare peggioramenti nel corso della gravidanza.

Come alzare la pressione in gravidanza

Gestire la pressione passa in gravidanza, non richiede l’assunzione di farmaci. Quel che è necessario, invece, è apportare piccole modifiche ad abitudini e stili di vita. Questi, hanno l’obiettivo di stabilizzare la pressione in modo naturale e ridurre i rischi per mamma e bambino.

Tra gli accorgimenti da mettere in atto, i più importanti sono:

  • bere almeno 2 litri di acqua al giorno, per assicurarsi un’adeguata idratazione;
  • consumare pasti leggeri e spuntini, per non avere cali glicemici;
  • evitare il digiuno;
  • aumentare leggermente il consumo di sale, se il medico lo ritiene opportuno;
  • evitare di alzarsi velocemente, da posizione seduta o sdraiata;
  • riposare sul fianco sinistro, e non in posizione supina, per favorire la circolazione;
  • fare passeggiate, evitando un’attività fisica eccessiva;
  • prediligere luoghi freschi;
  • evitare l’alcol, che non è sicuro neanche in minima quantità;
  • evitare un’assunzione eccessiva di caffeina.

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Valentina Cuomo

Dott.ssa

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